I ritratti dell’Ottocento in mostra a Padova
Padova – Fino al 27 febbraio 2011 nella sale del Palazzo Zabarella, è possibile ammirare la mostra “Il volto dell’Ottocento. Da Canova a Modigliani” che intende ripercorrere la straordinaria vicenda, in gran parte ancora inesplorata, del genere artistico del ritratto nel corso del XIX secolo. Genere nel quale, più che in altre forme di pittura e in altre tecniche, si sono manifestati durante l’Ottocento i mutamenti del gusto, anche grazie ai rapporti intercorsi tra gli italiani e le schiere di stranieri che hanno attraversato la penisola, soggiornando a Napoli, Roma, Firenze, Milano e Venezia. Un percorso espositivo che parte da Canova dove veniva sperimentata una sintesi naturalistica che fosse in grado di restituire lo spessore psicologico-intellettuale degli effigiati e di rappresentare, anche idealmente, i protagonisti politici e intellettuali della nascente modernità.
Con le istanze neoclassiche vennero riformulate in un’accezione assolutamente inedita le varie tipologie del ritratto, da quello d’artista a quello intellettuale, da quello ufficiale a quello ambientato, reimpostati in nome di una sintesi espressiva che sapesse cogliere, con pochi mezzi che talora si fermano al non finito, l’anima dei ritrattati.Questa impostazione venne mantenuta anche durante la stagione romantica, quando il ritratto avrebbe delineato più intimi stati sentimentali e dello spirito della cultura più esclusiva e riservata della Restaurazione. Queste immagini sono rimaste nell’immaginario collettivo dell’Ottocento e sono ancora in grado di catturare passioni, stati d’animo e moti interiori.
Nella metà del secolo, in un momento immediatamente successivo agli eventi fatidici del 1848, le istanze del naturalismo, sovvertendo le valenze ideali del Romanticismo, hanno profondamente rinnovato il genere. Sarà la Firenze dei Macchiaioli ad offrire in chiave verista gli esiti più significativi. Le straordinarie sperimentazioni di Giovanni Fattori o Silvestro Lega tra gli anni ’50 e ’60 si sono ricongiunte alle indagini naturalistiche di Puccinelli, Giovanni Morelli e Bernardo Celentano. Mentre il prepotente e conflittuale rapporto che si instaura con la fotografia a partire dagli anni sessanta è ben documentato dalla presenza di Vincenzo Gemito, dagli autoritratti di Francesco Paolo Michetti o di Alessandro Guardassoni davanti alla macchina fotografica.
Dopo l’unità d’Italia il ritratto seguirà straordinari percorsi sperimentali, toccando vertici difficilmente eguagliati nel resto d’Europa. Abbandonando il principio di verosimiglianza e cercando soluzioni inedite per rappresentare il mondo interiore dei ritrattati, la grande e lunga stagione del Simbolismo produrrà capolavori assoluti. Prima la Scapigliatura, poi il Divisionismo e quindi il Simbolismo che fa riferimento all’estetismo di Gabriele D’Annunzio ed elabora i nuovi miti della modernità. Si raggiungeranno così quei confini che preludono al Novecento, rappresentato in mostra dai dipinti ancora divisionisti, e pertanto proiettati nell’Ottocento, di Giacomo Balla, di Umberto Boccioni e di Gino Severini. In loro la dissoluzione dell’immagine, la rottura delle convenzioni dei generi pittorici e la sovrapposizione del ritratto al paesaggio e alla pittura di figura apriranno la strada al nuovo mondo delle avanguardie. Iniziava così un’altra storia che avrà come centro quella Parigi che intanto aveva accolto come protagonisti lo stesso Severini e un grande italiano come Modigliani.
Per informazioni: www.palazzozabarella.it